Da insegnante, mi sono profondamente interrogata sulla questione, cercando di passare al vaglio l’importanza di tutte le discipline chiamate in causa in questo “gioco di scambi”.
E’ bastato interrogarsi e riflettere, pensare ai nostri ragazzi e alle nostre classi ormai sempre più multietniche per fare emergere nuove necessità che trascendano di fatto la classica “ora di religione” e siano al contempo un imprescindibile valore aggiunto per la crescita morale e spirituale dei ragazzi (parte, quest’ultima, che verrebbe meno nel caso dell’introduzione dell’ora di educazione civica a sostituzione dell’ora di religione).
A tal proposito, ho pensato che per dare un rinnovato valore a quest’ora di didattica possa essere una soluzione introdurre un nuovo insegnamento di “storia delle religioni”, articolato nello studio approfondito in prospettiva storico/filosofica dei pensieri religiosi che hanno accompagnato la storia dell’uomo, dalle origini politeiste, allo sviluppo delle grandi religioni monoteiste, fino ai pensieri filosofici e religiosi orientali e, perché no, all’ateismo.
Una disciplina di questo tipo aprirebbe un grande orizzonte dinnanzi ai nostri alunni in quanto fornirebbe loro degli strumenti di conoscenza del mondo, dell’altro e della spiritualità intesa non più come qualcosa che divide un musulmano da un cristiano e un cristiano da un induista, ma come un sentire atavico e primordiale che ci accomuna al di là del nome che ciascuno dà al proprio dio.
Il nostro mondo è più che mai globalizzato e laico ma risulta evidente che la “globalizzazione dei pensieri religiosi” (posti tutti sullo stesso piano ed osservati con un’unica metodologia conoscitiva) non ci appartenga ancora: ciò si configura come un limite del nostro tempo che spesso ci pone in una condizione di diffidenza, indifferenza e fobia nei confronti di chi non ha il nostro stesso credo. Globalizzare e laicizzare mettendo al primo posto la conoscenza e la cultura globale dei ragazzi. Dalla scuola può partire il cambiamento.
Questa prospettiva, tuttavia, sebbene non vada in alcun modo a mettere in dubbio/crisi la figura dei docenti di religione, implica al contempo una rivisitazione in positivo della loro figura di docenti, docenti che non si troverebbero più a far lezione a classi composte da soli tre o quattro studenti ma che ritroverebbero intere classi interessate alle preziose conoscenze da loro veicolate.
Un nuovo scenario è sempre possibile.
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Fonte Orizzonte Scuola
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